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Pendolari per salute, il futuro dei servizi socio sanitari in Valdisieve.  Ne abbiamo parlato ieri sera alla Casa del Popolo di Rufina  nel corso dell’iniziativa organizzata dall’associazione Rufina che verrà; hanno preso parte Vittorio Boscherini, Paola Galgani, Marco Bucci, gli amministratori del territorio e cittadini. Abbiamo affrontato un tema complesso, il futuro del sistema sanitario pubblico e universalistico nei nostri territori e non solo. La necessità di riorganizzare l’assistenza alle nuove patologie, la cronicità che assorbe l’80 per cento della spesa sanitaria, l’organizzazione territoriale, la mancanza di personale nelle strutture sanitarie.

Siamo in grado di riorganizzare il sistema pubblico universalistico in modo tale che questo sopravviva al mutare delle esigenze e della composizione sociale, oppure ci rassegniamo a un futuro in cui ad accedere alle cure saranno solo i ceti più abbienti?

Nella nostra regione abbiamo fatto grandi trasformazioni dei sistemi sanitari. Siamo passati da una rete ospedaliera che prevedeva piccoli e piccolissimi centri a un sistema che punta su presidi di primo e secondo livello, con un alto numero di accessi e prestazioni sanitarie elevate. Dobbiamo però garantire una rete ospedaliera con un primo livello diffuso, che non inviti i cittadini a recarsi al pronto soccorso per qualunque piccola necessità.  C’è bisogno di un patto a livello territoriale in cui si mettono a disposizione tutte le risorse locali, penso al il volontariato, che deve comunque stare all’interno della programmazione del pubblico.  Dobbiamo decidere se i territori sono in grado di prendersi in carico complessivamente le persone.

Nella Valdisieve possiamo decidere di fare due cose: un distretto che preveda anche le prestazioni specialistiche, oppure qualcosa di più. Spetta alle amministrazioni a doversi mettere in relazione, individuando la scelta più giusta.

 

C’è un problema nazionale di risorse. La  Regione Toscana non è in grado di efficientare ulteriormente, per farlo dovremmo parlare di tagli, ma questo sarebbe insopportabile per il sistema. Dobbiamo soddisfare l’esigenza dei nuovi farmaci, quelli salvavita oncologici o quelli per le epatite C. Nonostante questo, le risorse nazionali destinate alla sanità rischiano di scendere sotto il 6,5 per cento del Pil nazionale, da tempo siamo sotto la media europea.  Una scelta politica su cui è urgente cambiare rotta.

Sul personale è grande il problema del blocco del turn over. Un blocco che va affrontato a livello nazionale, la legge Brunetta non è stata modificata da nessuno.

La riforma che abbiamo avviato in Toscana deve avere gambe, braccia e testa. Penso alla creazione di un nuovo rapporto tra istituzioni a tutti i livelli e tutto ciò che ruota attorno all’assistenza sanitaria e all’erogazione dei servizi, mi riferisco anche alle strutture private a patto che tutto stia in un governo e in un controllo pubblico e di qualità del pubblico.

La sanità è una materia complicata, dobbiamo saper spiegare ai cittadini cosa stiamo cercando di mettere in piedi. La società cambia, le patologie cambiano. Viviamo più a lungo. A questo corrisponde un aumento della cronicità che deve essere gestita. Dobbiamo rispondere con una organizzazione che non costringa le persone a fare avanti e indietro dalle strutture ospedaliere. Questo è per tutta la regione una prospettiva sulla quale non possiamo fare marcia indietro. Abbiamo bisogno di partecipazione, di territori organizzati che sappiano alzare la voce rispetto ai bisogni delle comunità e di una politica che sappia dare risposte.

 

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