Articolo Uno Mdp, Serena Spinelli eletta coordinatrice regionale: “Forti delle nostre idee, costruite con tanti e non con pochi potremo misurarci con tutti”

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Di seguito l’intervento di Serena Spinelli all’assemblea dei delegati toscani di Articolo Uno Mdp, svoltasi alla Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia, Firenze, venerdì 27 luglio.

 

Carissime/i carissime compagne e compagni, nel senso profondo di questa parola: chi condivide il pane, e cioè di chi è in grado di condividere valori e obiettivi per raggiungerli, di chi è in grado di condividere speranze, vittorie e sconfitte. Desidero ringraziarvi tutti,  per il supporto che ho ricevuto in questi mesi, per le parole che ci siamo scambiati, per l’impegno che avete dimostrato, per i volantini che avete ritirato e diffuso in campagna elettorale, per il tempo che avete speso organizzando iniziative, nel tentativo ambizioso di riconnettere una sinistra dispersa,  non più in grado di riconoscersi in ciò che si definisce sinistra.

Voglio ringraziare Filippo per il lavoro compiuto, per i consigli che mi ha dato, per la pazienza enorme di ascoltare il mio eloquio spesso eccessivo e confuso, soprattutto nei momenti in cui sono in difficoltà, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora molti.

Ne è passata molta di acqua sotto i ponti, da quando poco più che un anno fa abbiamo deciso di costruire Art.UNO, ricordo la difficoltà di abbandonare un percorso che tanti di noi avevano contribuito a costruire, in cui avevano creduto, ma anche l’entusiasmo nel pensare di poter tornare a costruire uno spazio, in cui non doversi costantemente sentire in contraddizione con ciò che affermavamo e che veniva più o meno liquidato nella contrapposizione tra vecchio e nuovo, declinata nei vari gufi, rosiconi e così via. Avevamo ragione? Evidentemente sì, ma è una magra consolazione.

Per questo ci eravamo definiti “movimento”, perché eravamo convinti fin dall’inizio della necessità di un soggetto più largo, che superasse la lettura di un partito nato solo dal rancore, ma fosse in grado di  aprire le proprie stanze e le proprie teste, fosse in grado di dotarsi di  nuovi strumenti per interpretare il presente e pensare il futuro, fosse in grado di far sentire rappresentato chi non lo è; rifuggendo dall’idea pericolosa  di essere autosufficiente.

Mi viene da dire che avevamo ben inquadrato il problema. Avevamo compreso (prendo a prestito le parole del Prof. De Masi) che nella ripartizione della ricchezza , del lavoro, del potere, del sapere delle opportunità e delle tutele esistono persone e culture in situazioni nettamente svantaggiate rispetto ad altre e che è a queste che la sinistra deve tornare a dare risposte.

Mi viene da dire che per iniziare ad aprire le finestre abbiamo contribuito a costruire Liberi e Uguali.

Il risultato elettorale ha  deluso quelle aspirazioni, i risultati delle amministrative in Toscana , frutto spesso anche di complesse dinamiche territoriali, ci hanno ulteriormente fatto comprendere che qualcosa si è profondamente rotto. Una sconfitta prima di tutto culturale, che elettorale. Ci si rivolge ad un’ altra idea di società per trovare risposte ai propri bisogni.  L’unità del cosiddetto centro sinistra, anche là dove l’abbiamo faticosamente costruita, o l’abbiamo richiamata come contrapposizione alla destra non è bastata.

Potrei dilungarmi in analisi, ma vorrei risolvere questo mio ragionamento dicendo che se non saremo in grado (riprendo in prestito le parole del Prof. De Masi, alla fine mi accuserà di plagio) di elaborare una nuova idea di mondo, un modello inedito di società tarato sulle nuove condizioni oggettive determinate dal progresso tecnologico, dalla globalizzazione, dallo sviluppo organizzativo, dalla longevità, dai media e dai social media, dalla scolarizzazione, dalla crescita esponenziale della popolazione, dai fenomeni migratori, elaborare e declinare a tutti i livelli, le “sinistre” sono destinate all’estinzione.

A fronte di questo rimangono intatte le ragioni per le quali abbiamo dato vita a Liberi e Uguali, anche il passaggio, che stiamo compiendo oggi, ha senso se saremo in grado di portare le nostre energie, passioni e competenze per imprimere sui territori una marcia diversa ad un processo che non possiamo fermare. Non fosse altro per l’impegno che abbiamo preso in campagna elettorale  e per il quale oltre 1 milione di cittadini, in gran parte militanti, ci ha dato fiducia: costruire un partito della sinistra

Liberi e Uguali può esserne motore e protagonista, può essere in grado di elaborare una propria identità autonoma.

Un processo difficile, ci vorrà pazienza, coraggio e fantasia. Doti che mi pare, per quanto fatto fin qui non ci mancheranno.

Vorrei però chiarire alcuni punti su quello che immagino essere il ruolo di Articolo UNO nella costruzione di LeU:

  • Non far nascere LeU come semplice sommatoria di gruppi dirigenti e delle loro rispettive velleità, abbiamo la possibilità e la capacità sul territorio di intercettare, contattare, coinvolgere quanto è vivo e vitale : associazioni, gruppi di interesse, competenze
  • Evitare di pesare le tessere dell’uno o dell’altro, ma costruire le basi per una discussione politica, che proprio partendo dai nostri territori, dalle idee che abbiamo per essi, ci consenta di mescolarci, contaminarci, aprirci.
  • Costruire luoghi di confronto aperti in cui misurare e formare un nuovo gruppo dirigente, non solo dal punto di vista generazionale, ma anche da quello delle competenze e delle esperienze.

Solo rimettendo al centro la politica saremo in grado di superare rapporti anche difficili con i nostri compagni di strada e soprattutto saremo in grado di trovare anche nuovi amici di cammino.

Tra meno di un anno molti dei nostri comuni andranno al voto. Dico a me stessa e a tutti voi di tornare a parlare di cura del territorio, di cambiamento climatico, di una svolta ecologica per le imprese e per le nostre città,  di un modello d’accoglienza che non sia solo risposta all’emergenza ma soprattutto integrazione,  di come si ricostruisce  un tessuto sociale vivo e coeso, argine imprescindibile all’insicurezza, di come si evita lo svuotamento delle nostre città d’arte, di come si dà risposta ad un drammatico bisogno abitativo, di come ci prende cura delle persone. Torniamo ad affermare con forza che gli amministratori locali non sono solo luogo di esternalizzazione di servizi, ma sono in grado di pensarlo il territorio, di immaginarlo per la “felicità” di chi ci vive.

Forti delle nostre idee, costruite con tanti e non con pochi potremo misurarci con tutti.

Vorrei che riuscissimo a inserire la politica, nella contrapposizione semplicistica tra “alleanze sempre” e “alleanze mai”, perché credo nella possibilità e nella necessità di una nostra autonomia culturale e di pensiero.

Non mi sfugge che in molti contesti siamo in maggioranza,  credo che non potremo esimerci da una valutazione sul merito e sul modello di governo che abbiamo sostenuto. Avremo la necessità di evidenziare elementi di discontinuità su cui affrontare un serio confronto politico, perché, come ho già detto all’inizio lo schema  di coalizioni, che spesso sommano solo gruppi dirigenti non basta più.

Naturalmente mi è chiara la situazione del consiglio regionale, in cui una parte della sinistra è all’opposizione.  In una situazione peraltro anomala in cui i due consiglieri non sono diretta espressione di nessun partito.

Dovremo utilizzare i mesi, che ci separano dalle elezioni regionali,  per ricostruire una relazione politica sia con chi fa parte del percorso di LeU, penso a SI, sia con tutto ciò che guarda a sinistra. Dovremo farlo noi, perché è questo il campo che vogliamo ricostruire. Dovremo farlo sulla politica. Bene ha fatto il presidente Rossi ad affrontare temi quali quello dell’economia circolare e del piano dei rifiuti, dell’acqua pubblica, dell’approccio all’abbattimento delle liste d’attesa ripartendo dal ruolo degli operatori del sistema sanitario, sono temi su cui possiamo ritrovare un’unità di intenti, valorizziamo ciò che ci unisce e cerchiamo di comprendere su quali altri piani confrontarci e poi misurarci.

Nel 2019 ci saranno anche le elezioni europee, credo che all’interno di LeU dovremo spingere per una  discussione che non si fermi alla nostra collocazione, una discussione asfittica tra un’adesione incondizionata al PSE o un’adesione estemporanea a una lista della sinistra radicale. Possiamo utilizzare le elezioni europee per costruire una nuova visione per l’Europa?

Siamo rimasti schiacciati  per oltre un  decennio,  le nostre parole: giustizia sociale, uguaglianza sostanziale, diritti e dignità del lavoro, si sono frantumate sul muro dell’austerità, della finanza più forte della democrazia.  Forse è giunto il momento di affermare che un  modello di sviluppo alternativo al capitalismo finanziario, un’ Europa sociale che dica no all’austerità, no ai Paesi che offrono tassazioni scandalose a favore delle imprese, no alle delocalizzazioni selvagge è ciò che vogliamo?

 Temo che se non faremo questo il nostro sentirci fortemente europei si scontrerà con un nazionalismo, che non metterà solo fine alla moneta unica, ma che farà in modo  che la  lava incandescente delle passioni popolari torni a solidificarsi nel vecchio stampo e che risorgano le vecchie assurdità, mettendo fine  a quell’idea originaria dell’ Europa del “Manifesto di Ventotene” da cui prendo queste parole, che vedeva nell’Europa il luogo in cui dovrà porsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita…. per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale.

Vorrei che parlando di Europa fossimo in grado di parlare di questo e di rivolgere il nostro sguardo a tutti coloro che vogliono un Europa che non assecondi e amplifichi ancora l’esplosione delle disuguaglianze.

Chiudendo vorrei ricordarvi l’immagine del tabellone dell’Aula del Senato di pochi giorni fa, quando si è votato per regalare una dozzina di motovedette alla cosiddetta guardia costiera libica, che dovranno essere usate per intercettare i barconi in mari e riportare indietro migranti nei campi di prigionia libici. Ebbene in quel tabellone i puntini erano tutti verdi, a parte i puntini rossi dei nostri quattro senatori e quello di Emma Bonino. Ecco, senza di noi – a parte la Bonino – quel voto sarebbe stato unanime. E’ l’immagine di quello che è adesso la composizione del nostro Parlamento e la situazione politica di un Paese che sta scivolando in grave regressione, ma anche l’immagine di quale ruolo possiamo svolgere : costruire un’idea diversa del mondo,  per fermare la destra non ci sono formule magiche, non serviranno i politicismi, non servirà tentare di rimettere insieme i cocci, né tantomeno i pezzi di una classe dirigente sconfitta.

Per fermare la destra servirà la sinistra. Servirà una sinistra nuova e forte. A noi l’ambizione di far diventare rossi i puntini verdi. A noi il compito di contribuire a farla la sinistra.

 

Grazie a tutti.

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