Sabato 19 maggio ho avuto il piacere di intervenire e portare un contributo al congresso dell’Arci, a Prato. Mi sento parte dell’Arci, di quel mondo che è fatto di storie e umanità. Che è presente nell’accoglienza ai migranti, che lotta per i diritti delle persone, che è un presidio reale di democrazia e partecipazione. Quello che troppo spesso è mancato ai partiti, oggi lo ritroviamo qui. E da qui, insieme, dobbiamo ripartire. Perché quelli che abbiamo davanti sono tempi complessi, difficili, pericolosi.
La crisi ha generato una stagione di sofferenza economica e regressione culturale. La disuguaglianza, la disparità nell’accesso al sapere e ai diritti, l’esclusione hanno alimentato rabbia e paura. Anche la Toscana, terra antifascista, di pace e accoglienza, è stata contagiata da venti d’intolleranza, e sentimenti che reputavamo estranei hanno messo radici. La destra avanza e si rafforza. Serve riorganizzare le forze e le energie intellettuali, una visione solidale della società, in grado di mobilitarsi contro il pensiero unico e la solitudine delle persone ha bisogno di un nuovo impegno collettivo.
Dobbiamo riconnetterci con la sofferenza e nello stesso tempo non rinunciare a dire la verità: sui migranti ad esempio, affermando la forza dei numeri e respingendo le mistificazioni, oppure sul lavoro che è stato reso ancora più precario dal jobs act. L’associazionismo deve continuare ad essere perno della cittadinanza attiva, di una democrazia che si organizza. Un luogo tramite cui il pensiero politico, i valori e le idee diventano quotidiano e vissuto concreto. In questi anni con la riforma del Terzo Settore abbiamo perso un’occasione importante, mancando di rafforzare realtà come l’Arci che svolgono un ruolo storico di promozione sociale.
Il mio appello in un mondo di guerre per procura e sanzioni commerciali e militari è quello di ricostruire una militanza, per una speranza collettiva di pace e giustizia sociale.
Buon lavoro all’Arci Toscana.